La Sentenza n. 9618 del 5 aprile 2019 (Pres. Campanile, Rel. Giudicepietro) della V sezione della S.C. si esprime su una datata tematica relativa al rimborso delle maggior imposte (Irpeg, Ilor e addizionali) versate a seguito dell’inclusione degli interessi sui crediti d’imposta tra gli elementi positivi di reddito nei periodi d’imposta precedenti all’introduzione del TUIR.
Al di là della questione di merito, la pronuncia appare interessante sotto il profilo della “delimitazione” dei confini del divieto di ius novorum.
Nel caso di specie, infatti, per la prima volta dinanzi alla CTC la ricorrente aveva posto in evidenza il fatto che il tema della tassabilità degli interessi dovesse esser deciso tenendo conto della (già pacifica in causa) data di presentazione dell’istanza di rimborso; l’Agenzia eccepiva che con tale prospettazione la contribuente contravveniva al divieto di ius novorum.
Come noto, per quanto riguarda il processo tributario il riferimento normativo è all’art. 57 del D. lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, il quale, statuendo al II comma che “Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio” risulta conforme all’art. 345, c. 2, del c.p.c..
La sentenza in commento, rigettando la tesi erariale, stabilisce che la deduzione circa la rilevanza di specifici fatti già agli atti di causa non può contravvenire al divieto in parola, che si riferisce alle eccezioni in senso stretto.
Il collegio si uniforma ad un’altra recente pronuncia della S.C. – proprio in relazione alla rilevanza (introdotta in appello, in quel caso dall’Agenzia) della data di presentazione dell’istanza – e secondo la quale “Detto divieto non può mai riguardare, pertanto, i fatti e le argomentazioni posti dalle parti medesime a fondamento della domanda, che costituiscono oggetto di accertamento, esame e valutazione da parte del giudice di secondo grado, il quale, per effetto dell’impugnazione, deve a sua volta pronunciarsi sulla domanda accolta dal primo giudice, riesaminando perciò fatti, allegazioni probatorie e argomentazioni giuridiche che rilevino per la decisione” (Cass. 18.5.2018, n. 12241).