La vicenda riguarda una società che nel corso del 2014 aveva stipulato con un pool di finanziatori un contratto di finanziamento, rientrante nella tipologia dei c.d. “prestiti consortili o sindacati”, ovvero prestiti concessi congiuntamente da un gruppo di banche e/o altri intermediari finanziari. A fronte di tale finanziamento la Società aveva sostenuto un costo a titolo di arrangement fee. Tale onere era espressamente previsto dal contratto di finanziamento a favore della banca capofila del finanziamento, nella fattispecie una società capogruppo di un importante gruppo bancario che nell’operazione aveva operato non solo come prestatore di denaro (lender), bensì anche come mandated lead arranger, riscuotendo una provvigione (c.d. arrangement fee) per il ruolo assunto nel contratto di finanziamento.
La società aveva iscritto tale onere, secondo quanto previsto dal principio contabile OIC 24, tra le “altre immobilizzazioni immateriali” in quanto spese accessorie al mutuo, ammortizzandolo nei limiti della quota di ammortamento imputabile a conto economico sulla base della corretta applicazione dei principi contabili.
L’Amministrazione finanziaria sosteneva che, poiché il finanziamento stipulato era finalizzato all’acquisto di una partecipazione di controllo in una società, la arrangement fee avrebbe dovuto essere considerata alla stregua di una prestazione di servizi accessoria all’acquisto della partecipazione ed essere contabilizzata ai sensi dell’OIC 21 (così come i costi sostenuti per la due diligence o le spese legali) e pertanto concorrere al costo di acquisto della medesima, a diretto incremento dello stesso, e conseguentemente essere indeducibile ai fini Ires e Irap.
Con sentenza 3911/2021 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, ribaltando la decisione dei giudici di primo grado, ha dapprima compiuto una analisi della tipologia di contratti di finanziamento come quello in parola, rilevando
- che la commissione dovuta all’arranger non è legata alla natura del finanziamento concesso e alla destinazione dello stesso
- che l’arranger, che svolge il ruolo di capofila e di intermediazione nella negoziazione delle clausole di finanziamento, non entra in alcun modo nelle negoziazioni riguardanti la cessione della partecipazione
- che il fatto che l’arrangement fee sia del tutto scollegata dalla natura dell’operazione sottostante il finanziamento è dimostrata dal fatto che, nel caso di sottoscrizione di un prestito ordinario e non un prestito sindacato, tale commissione non esisterebbe.
La CTR ha evidenziato infine che all’interno dell’OIC 21, citato dall’Ufficio a fondamento della sua pretesa, non è previsto alcun obbligo di imputare interessi passivi o commissioni finanziarie ad incremento del valore di una partecipazione, qualora questa sia acquistata mediante indebitamento. Questo in quanto l’OIC 21 prevede che tra i costi accessori alle partecipazioni siano compresi unicamente i costi direttamente imputabili alle stesse.
Uniformandosi così a precedenti pronunce di merito (si vedano in senso conforme le sentenze Commissione tributaria provinciale di Torino 1375/17, Commissione tributaria regionale del Piemonte 913/17, 198/18 e 212/19 e Commissione tributaria Provinciale di Genova 441/19) allegati anche dalla società nei propri atti di causa, ha annullato la pretesa condividendo l’iscrizione del costo in parola tra le immobilizzazioni immateriali ai sensi dell’OIC 24, da dedurre sulla base dei coefficienti di ammortamento di legge.