Con le Ordinanze 5 luglio 2021, nn. 18896, 18897, 18898, la Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso proposto da un ente bancario assistito dallo Studio avverso le sentenze della Commissione tributaria regionale in cui i giudici di merito ritenevano legittimo il diniego della deducibilità dei costi derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti, assumendo che la deducibilità spettasse solo e soltanto alla società veicolo costituita ai fini della cartolarizzazione stessa.
Le pronunce in commento appaiono senza dubbio pregevoli e particolarmente accurate.
I giudici della sezione tributaria non si limitano ad analizzare i profili fiscali e la normativa interna, ma estendono la disamina alla disciplina euro-unitaria, nonché ai documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria. Al termine di tale puntuale ricostruzione rilevano che il legislatore nazionale, nel disciplinare l’operazione di cartolarizzazione, ha tenuto conto sia della degli interessi della banca cedente i crediti (Ordinator), sia della tutela degli investitori e che quest’ultima “non è in alcun modo diminuita se i costi dell’operazione vengono accollati alla società cedente, ossia all’Ordinator, che pure, come detto, ha un interesse proprio alla riuscita dell’operazione di cartolarizzazione, avendo mantenuto in qualche misura il rischio della stessa”. Infatti, con l’accollo dei costi da parte della banca si va formando un’ulteriore tutela in favore degli investitori e, pertanto, anche per questa ragione i costi dell’operazione sostenuti dalla banca, ad avviso della Cassazione, non possono che ritenersi inerenti all’attività svolta. Devono ritenersi inerenti, specifica la Suprema Corte, anche in assenza della relativa specifica clausola contrattuale e ciò anche in ossequio alla sistematica della L. 133/1990 su cui i giudici si soffermano richiamando anche la relazione illustrativa.
La questione della deducibilità dei costi derivanti da operazioni di cartolarizzazione, poi, s’intreccia con la natura dell’inerenza stessa che i Supremi Giudici, in ossequio al precedente costituito dalla sentenza n. 450/2018, considerano correttamente un giudizio di carattere qualitativo e non quantitativo. Traslando tale fondamentale principio alle operazioni oggetto delle decisioni in commento la Cassazione considera inerenti i costi dedotti dalla banca in quanto “ha posto in essere l’intera operazione di cartolarizzazione proprio per la migliorare la propria performance finanziaria” e sulla base dell’assunto per cui le società veicolo non sono che un “mero strumento giuridico” della complessa operazione realizzata, “sicché non può sorgere dubbio sulla inerenza delle spese sostenute per la cartolarizzazione in capo alla banca promotrice della stessa”.
Sulla scorta di queste argomentazioni la Corte di Cassazione accoglie i ricorsi proposti dalla banca e cassa le sentenze impugnate con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata.
In conclusione, è necessario richiamare l’attenzione su alcuni ulteriori spunti che le pronunce forniscono. In primo luogo, si evidenzia che la Cassazione ha ritenuto fondato anche il quarto motivo di ricorso proposto dalla contribuente sulla violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. poiché l’Amministrazione non aveva mai esplicitamente contestato la validità degli allegazioni e dei documenti prodotti in giudizio dalla Banca ricorrente per dimostrare i la diretta o indiretta riferibilità dei costi sostenuti al business della Banca stessa. Sul punto la Corte rileva che, a fronte delle allegazioni della contribuente che dimostravano analiticamente il contenuto delle spese sostenute dalla banca, la semplice contestazione dell’Amministrazione Finanziaria (che consisteva nell’inciso: “in presenza però, in questo caso, di un valido accordo (da provare) tra cedente e cessionario”) non costitutiva idonea e specifica contestazione.