Con l’ordinanza in commento (15 marzo 2021, n. 7182) la Cassazione torna ad occuparsi dei compensi conseguiti da professionisti per le attività di sindaco o amministratore che essi svolgono presso enti societari, e della loro assoggettabilità ai fini IRAP.
Come noto, dopo una serie di arresti nei quali si riteneva dovuta l’imposta anche per tali compensi, la Cassazione, da ormai qualche anno (v. ex multis sent. n. 19327/2019, ord. n. 8451/2020), non considera rilevanti ai fini IRAP i redditi del professionista derivanti dalle cariche presso compagini sociali (amministratore, sindaco..) e non già dall’attività professionale “ordinaria”.
L’ordinanza in commento concerne proprio un caso analogo a quelli trattati dai precedenti della Suprema Corte e il decisum non si discosta dall’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente. Il ricorso in Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate viene respinto e le argomentazioni dei professionisti, difesi da professionisti dello studio, integralmente accolte.
Pur inserendosi nel solco tracciato da altri autorevoli precedenti della Suprema Corte, l’ordinanza n. 7182/2021 in esame non è priva di spunti interessanti e in un certo senso innovativi. Il più rilevante concerne il chiarimento in merito al contenuto dell’onere probatorio in capo all’Amministrazione Finanziaria. Nel caso di specie la Cassazione, nel pervenire alla sua decisione, rileva che la parte pubblica ricorrente non aveva provato – né chiesto di provare, come era suo onere – “alcuna “ipotetica o anomala “torsione” delle funzioni tipiche di sindaco verso forme di etero-integrazione tra le compagini sociali “sindacate” e l’auto-organizzazione collettiva esterna dello studio associato” .