Con la Sentenza n. 342 del 17 maggio 2019 la Commissione tributaria provinciale di Genova – rispetto ad un avviso di accertamento emesso sulla base della disciplina delle società di comodo (Legge 23 dicembre 1994, n. 724) – ha considerato che rappresenti una situazione di carattere straordinario ed indipendente dalla volontà della compagine sociale l’impossibilità per la Società ricorrente di alienare o locare il patrimonio immobiliare al fine di raggiungere la soglia di operatività e del reddito minimo presunto.
La società – proprietaria degli immobili in questione – aveva già prodotto istanze di disapplicazione delle normative riguardanti le società non operative ed in perdita sistematica per l’annualità 2013; dette istanze erano state dichiarate inammissibili senza che l’interessata provvedesse ad impugnare le risposte negative alle stesse.
I giudici sul punto hanno affermato che: “Nessuna conseguenza negativa può conseguire da tale omissione. La più recente giurisprudenza della S.C ha infatti precisato che la procedura di interpello costituisce una facoltà che consente al contribuente di conseguire una certezza nei rapporti con l’Amministrazione; ma che l’utilizzo di tale strumento non costituisce una via obbligata per il superamento della presunzione posta a suo carico dalle disposizioni anti-elusive. È quindi sempre consentito al contribuente fornire in giudizio la prova delle condizioni che consentono di superare la presunzione posta dalla legge a suo danno (cfr. Cass. 15 luglio 2014, n. 16183; per la giurisprudenza più recente cfr. Cass. 6 ottobre 2017, n. 23469; Cass. 15 febbraio 2018)”.
Particolare rilievo deve essere dato alla valutazione del patrimonio immobiliare sociale “costituito da fabbricati aventi una particolare struttura […] non più in linea con la nuova realtà economica; ed inadatti ad una locazione e/o vendita sul mercato se non previ ingenti lavori di riadattamento”. E, ancora, “costituisce un fatto notorio il rilievo che all’epoca il mercato immobiliare fosse praticamente fermo con prezzi in costante discesa, specie relativamente ad immobili di particolare struttura quali quelli in esame”.
Pertanto, i giudici hanno annullato l’avviso di accertamento che aveva determinato il reddito imponibile applicando i parametri di cui all’art. 30 della Legge del 23 dicembre 1994, n. 724 affermando che “non si vede quale vantaggio avrebbero potuto avere i soci nel creare un ente-schermo per nascondere una proprietà che, quanto meno allo stato, si è rilevata priva non solo di un consistente beneficio economico ma anche di uno sfruttamento personale”.